Libera Facoltà di Scienze Antiche


Lo spazio degli ospiti



Qui pubblichiamo contributi esterni inviatici direttamente o tramite i nostri soci
(per le modalità vedi il capitolo 19)

Vogliamo inaugurare questo spazio citando un vecchio articolo segnalatoci da Maurizio Villa che lo ha scovato
sul portale di Libero, a firma Michel Paganini.
Vi si parla del...
Papiro Tulli
un antico documento egizio che sembrerebbe riferire di strani oggetti volanti all'epoca dei faraoni.
Paganini ci dice, fra l'altro, che il Prof. Alberto Tulli...
"direttore del Pontificio museo egizio del Vaticano, durante un viaggio di studio in Egitto effettuato nel 1934, incappa in un papiro che suscita immediatamente la sua curiosità d'intenditore. Il prezzo esorbitante richiesto dall'antiquario ne impedisce l'acquisto ma il professore non demorde e chiede al negoziante di poterne copiare il testo. E la traduzione dello scritto rivela una vicenda prodigiosa... Secondo il contenuto del papiro il Faraone Thuthmosis III (1504-1450 a.C.) e i suoi sudditi avrebbero assistito a una serie di strani avvistamenti: oggetti sconosciuti si muovevano nel cielo. Ma la sorpresa si trasforma in stupore quando il professor Tulli scopre sul papiro la presenza di cancellature, proprio nei punti più importanti, come se l'autore delle modifiche volesse nascondere quegli episodi in particolare al lettore.
Solo nel 1963 Solas Boncompagni, uno studioso di avvistamenti, viene a sapere dell'esistenza del papiro e un anno più tardi la rivista "Clypeus" pubblica la traduzione italiana del testo geroglifico accompagnata da note esplicative. Vi si poteva leggere: "...queste cose divennero sempre più numerose nei cieli d'Egitto... Il loro splendore superava quello del sole... ed essi andavano e venivano per i quattro angoli del cielo... ". [omissis]
...Il Boncompagni scopre che nella riproduzione del Papiro di Torino contenuta nel Libro dei morti, si vedono chiaramente 3 oggetti volanti." ...



La guida archeologica Paola Vadacca ci scrive da Napoli il pezzo seguente dopo essersi letta il capitolo sui Sanniti
(curato dall'architetto Davide Monaco) che potete trovare al numero 10 dell'indice generale del nostro sito.
*
Sanniti a Kyme.
In rapporto al fatto che l'arch. Davide Monaco tende a negare l'eredità greca in Campania, vorrei precisare quanto segue, approfittando di una recente scoperta avvenuta a Cuma, di un'importante tomba.
Che Cuma, l'antica Kyme, fosse stata fondata dai Greci (e su questo non ci piove) è cosa saputa, provata e risaputa! Che a Cuma ci siano stati i Sanniti, anche su questo argomento non ho scoperto l'acqua calda.
Che ci siano stati ritrovamenti di tombe sannitiche ed altro a Cuma ed in tutta la Campania lo sappiamo tutti.... Che Amedeo Maiuri abbia scritto "Passeggiate in Magna Grecia" includendo Cuma, anche questo è risaputo (sappiamo inoltre come il Maiuri, dopo Fiorelli, sia stato un archeologo da tenere in considerazione).
Di eccezionale nella scoperta che è stata fatta di recente c'è questo: la Cuma greca ebbe più o meno 3 secoli di vita: fondata dai Calcidesi nel 730 a.C., fu presa dai Sanniti nel 421. Dopo i primi rilievi degli esperti, la tomba è stata datata nel periodo tra il V° ed il IV° sec. A. C.; il dipinto murario all'interno della tomba (e qui casca l'asino che in questo caso non sarei io) raffigura un personaggio, probabilmente un re, circondato da alcune ancelle. Gli archeologi sono rimasti increduli dinanzi a una simile scoperta che contribuirà a chiarire il mistero sannitico.
Nel V° sec. A. C. cominciò infatti la discesa dalle montagne della gens osca
che poi premerà sulle città greche della costa tra cui Kyme, ovvero Cuma. Che i Sanniti amassero la democrazia, questo lo sappiamo, ed è questa la scoperta che potrebbe sconvolgere il tutto: c'erano forse anche i re?...
E tu, Roberto Busceti, che sei un esperto del pensiero antico nonché un biologo, un ricercatore e studioso di tutto rispetto, e per giunta un esoterista, mi darai atto che ci possa essere qualche grande novità o capovolgimento nella storia e nell'archeologia.
Che ci siano stati gli Osci e i Sanniti tanto onore per noi, ma poi perché negare la nostra provenienza greca di cui andiamo tanto fieri? E poi, come la mettiamo con la "Magna Grecia": è forse una mia invenzione?



 
 
Prendendo spunto dallo stesso studio sui Sanniti, la studiosa di Astrologia ed altre discipline antiche Casimira Ciriminna,
che vive a Perugia e scrive sui vari forum con lo pseudonimo di Astromega o Astrocasy, ci invia la seguente lettera
abbinata ad un piccolo articolo che pubblichiamo di seguito.
"Ho letto lo studio sui Sanniti, io ho vissuto per diversi anni a Pantelleria e di quelle costruzioni neolitiche ne ho viste tante in una pianura chiamata Ghirlanda, ad ovest dell'isola, dove l'origine vulcanica si vede per i fumi caldi che escono dalla terra; bene: vi sono delle tombe neolitiche di un'epoca così antica che nessuno ancora vi ha studiato. Pantelleria per me è la terra magica per eccellenza. Naturalmente la civiltà che vi si vede principalmente è di origini bizantine. Pantelleria la conosco da cima a fondo nel vero senso della  parola, anche se ha una circonferenza di 80 Km e le coste, il fondo del mare, da circa 50 metri, è pieno di relitti di tutte le epoche: navi cartaginesi ecc., tante anfore che si usavano per recipienti e sono con il fondo a punta. Nel centro dell'isola vi è un lago salato con acque calde; soltanto da poco hanno scoperto un tempio di vestali. Nei posti di terra ci sono stati ritrovamenti anche ufficializzati". Casimira.
 
INTORNO AL VILLAGGIO ABBANDONATO
(I NOMI SONO TUTTI ARABI FENICI)


PANTELLERIA perla nera del mare nostrum Mediterraneo è un isola di origine vulcanica; misura 80 Km di circonferenza, ha una costa frastagliata, battuta dalle continue onde delle mareggiate, il terreno è molto fertile, infatti cresce l’uva dolce: lo “zibibbo”. Come nel mare Egeo troviamo le varie isolette tipo “Lesbo”, testimone di antiche civiltà, dove la coltivazione del vino arricchiva le popolazioni dell’epoca, così qui abbiamo Pantelleria con le sue due montagne, M. Grande e M. Gitele, con una vegetazione boschiva costituita di lecci, pini, corbezzoli, un piccolo mondo nero dovuto alla Ossidiana di cui è composto, una pietra che respira!

Esiste un percorso presso il villaggio di Muegini, dove le caldane hanno dato vita ad una flora boschiva nascosta nelle insenature della roccia nera, e vari colori, dal ramato al viola prugna, nel contorno di felci, muschi, agrifogli; a volte diventa giungla.
Nelle vicinanze del villaggio si trovano le tombe neolitiche, anzi si dice "senza tempo"; nascoste dall’ombra dei lecci, si vedono tre piccoli scavi nel terreno roccioso: sono tre tombe, due dell'altezza media di un uomo adulto, ed una piccola come un fanciullo di otto anni; tutto si trova in una atmosfera silenziosa dove il sibilo del vento e il rumore del mare echeggiano nell’aria, specie all’alba, infatti le tombe si trovano nella
parte est dell’isola, rammentando un concetto di morte e rinascita.

Si può andare nel percorso del "lago di Venere" o meglio lo specchio della suddetta dea, dove, anche di giorno, quando il vento entra nella cala rotonda del lago, antico cratere della vallata del monte Gitele, si sente un eco strano, e a volte sembrano arrivare delle voci... come messaggi di conversazioni lontane: sembra un grande "orecchio di Dioniso". Questo è un esempio fra tanti dei limiti che si possono oltrepassare in un posto magico come Pantelleria.
Si dice che i vecchi abitanti (anche selvagge tribù) che l’abitavano vi andassero a lavare i panni... e sono stati ritrovati i resti di un tempio di
vestali che veniva usato come luogo di bagni termali e fanghi benefici, infatti l'acqua del lago è salmastra come tutta quella che si trova in tale isola sprovvista di acqua dolce: ecco perché le case hanno le cupole per raccogliere le piogge in un apposito pozzo; in più, nell’isola si trovano grotte dove il vapore caldo ha creato delle saune naturali e vasche termali; il tutto è superlativo per la sua bellezza.

Una notte di luna piena indimenticabile correvo lungo il sentiero in discesa, dentro la gola del lago: nella mia corsa pensavo a quanto antico fosse quel passaggio che portava da Muegini, il villaggio ora abbandonato, fino al lago; infatti il percorso tanto nascosto e misterioso quanto comodo, sembrava fatto apposta; in certi momenti si avvertivano come degli sbuffi di aria calda o di aria fredda... ma in un attimo eccomi arrivata sulla costa sabbiosa del lago!
La luna piena si rifletteva come un faro nell'acqua, dando luce a tutto un ambiente di surreale bellezza; sembrava che si vedesse meglio che di giorno; un rumore come di respiro ritmato si sentiva echeggiare: sembrava il respiro del mare, come se un dio venisse là a rifocillarsi.
Tutto questo si può vedere e sentire anche adesso, però con la luna piena e con il mare calmo che la secca provoca dato l’abbassamento del mare, comunicando con il lago. Dicevano le leggende che lì si incontravano Poseidone e Gea, similmente Nettuno e Venere, il matrimonio della terra con il mare.
Uscendo dalla strada larga che sale dall’altra parte laterale del lago, si arriva a Khattbuali, chiamato "il bue marino", una caletta sul mare, posto pieno di ostriche dove il tricheco si veniva a nutrire; ora purtroppo non sono sicura che vi sia questa abbondanza di pesce: i nostri tempi hanno distrutto quello che tanti secoli avevano lasciato intatto.


(continua...)
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